
Montescudaio, Città del Vino che da quarant'anni dà nome alla Denominazione di origine che caratterizza queste colline, vigilate alle loro spalle dalla possenza di Volterra e che degradano verso il mare assecondando la valle del fiume Cecina, è al centro di una parte di Toscana (qui siamo in provincia di Pisa, in una sorta di enclave – le colline Metallifere – che guarda verso la Maremma) forse meno nota al grande pubblico del vino ma che invece merita grande attenzione e considerazione.
Lo si è potuto constatare durante l'ultima edizione della festa del Vino di Montescudaio, la quarantanovesima, che ha animato le vie del borgo il 1 e 2 ottobre (salvo una noiosa parentesi a causa della pioggia, i sabato sera). Grande territorio e grandi vini, sorretti dall'eterno Sangiovese e poi in molti casi completati da altri vitigni che definiamo “internazionali” ma che qui sono presenti già dal '700, complice la presenza dei francesi, nonché poi di Napoleone, e delle vicende storiche che hanno interessato questa parte della regione: Merlot, Cabernet, Chardonnay i più diffusi. Rosso, Bianco e Vin Santo le tipologie prodotte, con la Riserva per il rosso e la possibilità di produrre bottiglie monovitigno. La Denominazione comprende anche i territori dei Comuni di Casale Marittimo, Castellina Marittima, Guardistallo, Montecatini Val di Cecina, Riparbella e Santa Luce; in molti sono i produttori che praticano agricoltura biologica e il territorio, tra i più belli e in gran parte ancora “grezzi” (tanto bosco, colline irte, quasi montagne), ne risente positivamente.
Una decina sono le aziende che aderiscono al Consorzio, e tra queste la maggioranza, ormai, appartiene a personaggi e famiglie che si sono stabilmente trasferiti a Montescudaio e dintorni provenendo da altre parti d'Italia, attratti dalla bellezza dell'ambiente, dalla storia dei luoghi, dalla qualità della vita di questi territori.
La Doc Montescudaio merita dunque maggiore attenzione, ma molto dipenderà anche dall'attività del suo Consorzio presieduto da Luisa Silvestrini e dalla volontà dei produttori di manifestarsi al mondo in modo coeso e con comuni obiettivi di crescita. “Le aziende associate sono una decina – afferma la presidente – e quindi siamo una piccola realtà, ma non per questo meno ambiziosa. Vorremmo poter rappresentare le esigenze di tutti, sia di chi qui c'è nato e porta avanti la tradizione di famiglia, sia di coloro che hanno scelto di vivere qui e di fare di questo territorio la loro nuova casa”.
È quello che auspica il Sindaco Simona Fedeli: “Il Comune è disposto a fare la sua parte – afferma – e noi ce la mettiamo tutta, per quelle che sono le nostre possibilità. Siamo un piccolo Comune che, grazie al vino e all'enoturismo, sta conoscendo un rilancio di presenze, sopratutto d'estate; i giovani ci credono e si stanno operando, anche attraverso le varie associazioni e il volontariato, e la festa lo ha dimostrato”.
Una festa che – non a caso – ribadisce anche nel suo nome che Montescudaio è Città del Vino: “Sono convinta – afferma ancora il Sindaco – che la nostra comunità può solo trarre beneficio dall'identificarsi sempre più con il mondo del vino, non solo in termini produttivi e di sviluppo dell'indotto, come la gastronomia e il turismo, ma anche come fenomeno culturale. La storia e la cultura del vino, qui, sono di casa, e occorre ribadirlo ad uso delle nuove generazioni”.
La storia, dicevamo. Questa è terra di Etruschi. Qui, negli anni '50, a pochi passi dal paese, fu rinvenuto un pezzo di straordinaria importanza per fattura e soggetti rappresentati: un cinerario funebre risalente al VII secolo a.C. che presenta, nel coperchio, due personaggi, un uomo (probabilmente il defunto) e una donna (una serva), e la scena di un banchetto, quel “simposio etrusco” che recentemente è tornato alla ribalta e sul quale si sono incentrate molte iniziative di ricerca e studio non solo dal punto di vista storico e archeologico, ma anche di carattere enogastronomico. Perché oggi più che mai la storia è un formidabile strumento di “certificazione” dell'identità dei prodotti tipici di un territorio. Non mancano, qui, tombe e reperti antichi ritrovati tra le vigne, filari che si contendono l'attenzione tra l'agronomo e l'archeologo. Una grande ricchezza (non a caso la Strada del Vino che tocca anche Montescudaio si chiama Strada del vino Costa degli Etruschi), che può essere ulteriormente valorizzata se ancorata sempre più alle produzioni vitivinicole e rappresentare quel valore aggiunto che altrove è introvabile.
La storia del vino a Montescudaio e dintorni la si può leggere, in un garbata sintesi, anche nel recente libro di Aurelio Pellegrini (ex sindaco e mai domo studioso della storia locale) dal titolo eloquente, “Il paesaggio della vite e del vino nelle colline pisane”, dove ribadisce come l'economia agricola di oggi, con alterne vicende, non sia altro che il frutto di una presenza umana che ne ha modellato l'ambiente e il paesaggio, un disegno tracciato - nelle forme attuali - da quella mezzadria che per lunghi anni ha caratterizzato la conduzione delle campagne in Toscana e che ci ha consegnato un'immagine del territorio che ne è la cifra inconfondibile. Quel testimone (fatto di bellezza e di armonia visiva) oggi è nelle mani dei produttori locali e degli amministratori che, solo se sapranno camminare insieme, potranno continuare a mantenere; magari anche grazie ai suggerimenti dell'Associazione Città del Vino, di cui Montescudaio è Comune socio fondatore fin dal primo giorno della sua costituzione avvenuta il 21 marzo 1987, anche attraverso gli atti e le indicazioni di buone pratiche nella gestione del territorio contenute, ad esempio, nei dettami del Piano Regolatore delle Città del Vino.
Non va dimenticato, infatti, che la Doc Montescudaio se l'è conquistata anche grazie alla caparbietà di un altro suo sindaco, Cesare Bacci, che intuì negli anni '70 che questo territorio poteva esprimere potenzialità originali ed esclusive che non l'appartenenza alla generica denominazione di Chianti delle Colline Pisane. Non fu – a quel tempo – l'unico esempio di sindaco “illuminato”; basti pensare all'analogo impegno con cui a Montalcino, dieci anni prima, Ilio Raffaelli volle fortissimamente la Doc, pur tra lo scetticismo di chi lo apostrofava affermando che quella terra allora povera e abbandonata aveva il destino segnato. Tutti sanno come poi è andata a finire. Questi sono sindaci da ricordare.
La Festa del Vino è stata l'occasione per festeggiare anche un altro anniversario, quello relativo al gemellaggio con la cittadina tedesca di Eberstadt situata nella regione del Baden Wurttemberg, dove si produce vino (presente il sindaco Stephan Franczak), e per la cerimonia di premiazione del Concorso letterario "Marco D'Antilio" (intitolato al figlio di Gianfranco D'Antilio, primo presidente del Consorzio), riservato ai ragazzi della scuola (poesie, brevi racconti, disegni, ecc.) e ideato affinché siano proprio i più giovani i consapevoli portatori dell'identità locale e della cultura del vino. Il Concorso è patrocinato dalla Fattoria Santa Maria che ha dedicato un collarino da applicare alle sue bottiglie che riporta l'opera della vincitrice dell'ultima edizione, Alice Bertoncini.
PAOLO CORBINI