Diamo il benvenuto a Loceri

Diamo il benvenuto a Loceri


L'Associazione dà il benvenuto ad una nuova Città del Vino, il Comune di Loceri (NU).  Sull’origine del toponimo ci sono varie ipotesi: alcuni studiosi ritengono che vi sia una correlazione con Locri della Magna Grecia e che il suo insediamento si sia formato proprio in seguito alla fuga dei Greci dalla loro patria, altri fanno derivare il nome da Villa Luceri, Villa di Locerio, o da Locus Aeris (luogo del rame) o ancora da Luccieri (il nome di un antico paese scomparso). In particolare la derivazione da Villa Luceri secondo lo studioso Massimo Pittau, avrebbe origine da Luceres, una delle tribù etrusche originarie di Roma che renderebbe possibile l’ipotesi di un legame tra la civiltà etrusca e quella nuragica. Il toponimo potrebbe infine avere un’origine protosarda vista la presenza nel territorio dei nuraghi di Ursu, Sa Puliga, Su Casargiu, Is Piroddis, il Nuraghe Cèa, Nuraxi, il nuraghe Monte Nuraxi.  

Loceri fu fondata dai sardi primitivi. In epoca medievale venne compresa nella curatoria dell’Ogliastra, nel Giudicato di Cagliari. Nella seconda metà del XIII secolo divenne possedimento dei Visconti, giudici di Gallura, che la cedettero in feudo a Berengario Carroz. Successivamente fu trasferita nella contea di Quirra. Ma la storia, attraverso gli elementi di cultura materiale, i resti organici e i relitti linguistici, ha lasciato tracce ininterrotte almeno dal neolitico antico, con elementi sporadici relativi anche ad età anteriori. Il paesaggio sardo conserva in maniera diffusa i resti degli insediamenti abitativi, dei monumenti funerari e degli edifici di culto, e gli scavi hanno restituito gli elementi mobili: la ceramica, gli utensili e gli idoli litici e poi metallici che accompagnavano le attività quotidiane e i momenti significativi della vita di questi lontani antenati. Queste testimonianze, nei siti archeologici e nei musei, ricostruiscono un quadro parziale ma fortemente caratterizzato e singolare delle attività e delle manifestazioni spirituali delle antiche popolazioni, lungo un percorso progressivo che elabora in forme originali stadi culturali ovunque attestati. La posizione geografica isolata e una storia singolare a lungo separata dalle vicende continentali hanno lasciato in eredità tradizioni antichissime riferibili a contesti culturali che talvolta rimandano alle civiltà agricole e pastorali del neolitico. Particolarmente nella regione montana centro orientale della Sardegna la ''costante resistenziale'' secondo la felice espressione del Prof. Giovanni Lilliu, il padre dell'archeologia sarda moderna, attraverso i secoli, in varie forme, ha rappresentato l'attaccamento ai valori interni delle comunità di villaggio, sia sotto l'aspetto morale ed etico, sia nelle manifestazioni esteriori legate alle espressioni della vita, nelle ricorrenze e nelle festività, nella lingua, nella poesia, nei racconti orali tramandati, nel canto e nel ballo, nella cucina e nelle manifestazioni particolari come quella del Carnevale.

Loceri è un paese allegro e festaiolo, fra le feste religiose molto sentita quella di San Bachisio, il 10 Maggio. Su un carro trainato da un giogo di buoi splendidamente adornati con fiori e stoffe colorate, il simulacro del Santo è accompagnato, in suggestiva processione, al suono delle launeddas, fino alla chiesetta campestre poco distante dal paese.  Aprono la sfilata i cavalieri, seguiti dalle donne in costume, con gli stendardi. Ricco e vario il programma delle manifestazioni durante tutto l’anno e in modo particolare in estate, quando il paese apre le piazze e gli angoli caratteristici al meglio della propria ospitalità, fatta di accoglienza e cordialità, di una cucina dai sapori marcati e di ottimi vini. Originali sonorità nella musica, nel canto e nel ritmo coinvolgente del ballo sardo sono immancabile accompagnamento alla festa e gli splendidi colori dei gruppi in costume si mischiano con insolita naturalezza alla variegata presenza della folla, alla fine collettivamente partecipe al cerchio del ballo che riempie la piazza.

Una volta l’anno, a fine Aprile-Maggio, il pesante vello invernale della pecora deve essere tosato, l’animale acquista una fisionomia più snella e leggera e come rinato è pronto ad affrontare la calura estiva. Questa occasione - “le tosature” - rappresenta un momento particolare nel lavoro del pastore, che solitamente si svolge come una attività individuale, poichè richiede una partecipazione collettiva e un aiuto reciproco. Il tutto si trasforma in una festa particolare nella quale catturare e legare gli animali, sganciare i campanacci, sforbiciare con i caratteristici forbicioni artigianali, ripiegare come una veste il manto di lana e infine liberare l’animale così alleggerito, accompagnati da con un sonoro di voci e di belati in un singolare amalgama di suoni. La festa si conclude in un grande pranzo comunitario, dove in grande abbondanza, c’è quanto di meglio offre la tradizione pastorale dell’arrosto, con le carni scelte e la gustosissima treccia fatta con le interiora della pecora, rigorosamente curata dagli uomini, mentre le donne preparano un primo piatto di pasta, condita con un sugo indimenticabile di carne e una tenerissima insalata di stagione. Non mancano mai a fine pasto delle leccornie tutte sarde: il “casu axedu”, un formaggio acido e tenero a doppia coagulazione, il formaggio pecorino fresco e stagionato, e, attenzione, il formaggio con i vermi e il caglio di capretto, che concorrono in piccantezza ed esaltano, pare, le virtù maschili. I vini cannonau, corposi rossi d’annata, le grappe odorose e il mirto fatto di vere bacche, completano la festa dei sapori, prima dei dolci tradizionali, di un ottimo caffè e della immancabile morra. Questa manifestazione della tradizione pastorale sarda, ancora molto sentita e in gran parte intatta, conserva la più bella immagine del “Pastoralismo”, una civiltà riconosciuta dall’UNESCO come Patrimonio Immateriale dell’Umanità.

Adagiato sulle colline ogliastrine, circondato da una bellissima vegetazione con tantissimi uliveti e vigneti, grazie alla sua posizione il piccolo centro è il punto ideale per conciliare i desideri sia di coloro che amano la montagna, in quanto dista 20 km dal parco del Gennargentu, e dal Lago Flumendosa, sia di coloro che amano il mare e le bellissime spiagge distanti solo 10 km. Tra le vestigia del passato di maggiore pregio storico-architettonico merita di essere citata la parrocchiale intitolata a San Pietro, eretta in stile neoclassico, a cui fu annesso, fino al 1905, un cimitero. Caratteristiche sono le chiesette campestri di San Bachisio, in stile Barocco popolaresco, risalente al XVII secolo, nei pressi del campo sportivo, e del Sacro Cuore, presso il parco che da essa prende il nome, situata sulla strada che conduce dal ''Pelau'' a Lanusei in direzione ''Taccu''. Nel paese sono presenti diverse strutture ricettive, un ristorante e alcuni agriturismi.

Per la sua centralità geografica è, inoltre, punto di partenza ideale di importanti itinerari. A est la fascia litorale e la spiaggia di Cea con i faraglioni in porfido rosso e l’altopiano basaltico di Teccu, più a sud le scogliere in granito rosa e le creste ricamate del massiccio costiero del Monte Ferru; all’interno il paesaggio fantastico dei Tacchi dolomitici con grotte bellissime e tesori geologici e archeologici. Verso ovest gli altopiani granitici, le montagne scistose e le foreste del Gennargentu, il tetto della Sardegna; a nord, infine, oltre le stupende colate di porfido rosso, peculiarità geologica dell’Ogliastra, i bastioni calcarei dei supramonti, un mondo a parte dove i fenomeni del carsismo hanno disegnato scenari primitivi che conservano una ricca biodiversità di endemismi e foreste antiche chiuse sul Tirreno da splendide cale e alte falesie. L’estate è la stagione più nota ai visitatori e il mare esercita un forte richiamo, esiste però una Sardegna meno conosciuta e più vera che in tutte le stagioni ha frutti generosi e un sapore proprio. Questa Sardegna esprime la propria natura attraverso la bellezza dei suoi paesaggi scolpiti, la varietà degli spazi coltivati e dei vasti pascoli ancora popolati da mandrie brade, e attraverso la particolare dolcezza del suo clima, che regala anche in pieno inverno delle giornate di splendido sole, di azzurro e di spiagge deserte. Ancora di più però si esprime, all’interno dei piccoli paesi, nei frutti della sua speciale tradizione e ripropone i moduli canonici dell’ospitalità sarda in una serie di eventi che ciclicamente scandiscono le stagioni. I tessuti con le tinte naturali e i gioielli preziosi, le ceramiche, i cesti in asfodelo e in vimini, i coltelli in manico di corno, gli elementi di mobilio in legno finemente intagliato e il corredo simbolico rappresentato nelle decorazioni, sono un patrimonio artigianale di arte e di competenze legate alla produzione degli splendidi oggetti che si possono ammirare nelle esposizioni, nei musei, in edifici e locali pubblici e nelle case private della Sardegna. Esempi di attività artigianale si possono trovare quasi in ogni paese e testimoniano un attaccamento e una passione individuale che ha consentito di far arrivare fino ad oggi materiali e tecniche che rimandano a contesti economici del passato ma che, in molti casi, con grande vitalità, si sono ritagliati uno spazio legato proprio ai circuiti delle mostre e delle sagre. Ricca di piatti tipici, l’enogastronomia locale propone l’offerta della tradizione agricola mediterranea unita ai prodotti della tradizione pastorale sarda e ogliastrina in particolare. Questa doppia tradizione si sposa nel piatto principe: i ”culurgionis”, speciali ravioli di patate e formaggio dalla caratteristica forma a goccia o a borsetta, con tipica cucitura a mano, conditi con sugo di pomodoro e formaggio o cotti alla brace. Indimenticabili gli arrosti, di maialetto di agnello, pecora o manzo, per la sapidità delle carni e per la speciale tecnica di cottura che prevede un unico condimento, il sale. Fra i formaggi il pecorino e su casu axedu, formaggio fresco e morbido a doppia coagulazione, acida e presamica. La coltivazione del grano duro fornisce la materia prima per speciali tipi di pane, dal classico “pistoccu”, un pane biscottato a lunga conservazione, al “civargiu”, focaccia dalla pasta fitta e consistente, al “pani  pintau”, pane a pasta dura decorato per le cerimonie e le feste, ricorrenze accompagnate anche dai dolci della tradizione, gli amaretti, il “pani ‘e accònciu” e la “paniscedda”, pani dolci di sapa, le “pardulas” e i “culurgionis” di crema, di ricotta e di sanguinaccio. La lunga vocazione per la coltivazione della vite e la trasformazione diffusa nelle cantine domestiche mettono in tavola una ricca varietà di vini “cannonau”, dall’omonimo vitigno che trova nelle terre centro orientali della Sardegna l’areale storico di diffusione. (fonte: www.comuneloceri.it/www.visitloceri.it)