Auguri all’Aleatico di Puglia

Auguri all’Aleatico di Puglia


L'Associazione nazionale Città del Vino, che conta tra i suoi Comuni un gran numero di città legate ai disciplinari delle denominazioni storiche, vuole celebrare i 50 anni dei vini che hanno ottenuto la certificazione nel 1973 con articoli, eventi e approfondimenti. Iniziamo proponendo una scheda con le caratteristiche e gli abbinamenti di queste DOC (alcune delle quali sono nel frattempo diventate DOCG).

 

ALEATICO DI PUGLIA

Disciplinare: DPR 29.05.1973 (GU n. 214 - 20.08.1973)

Regione: Puglia

Provincia/e: Bari, Foggia, Brindisi, Lecce e Taranto

Enoregione/i: MESSAPIA E VALLE D'ITRIA, SALENTO, TAVOLIERE, TERRA DI BARI

Città del Vino: Comune di SavaComune di San SeveroComune di San Pancrazio Salentino Comune di Orta NovaComune di Novoli Comune di Manduria Comune di Lizzano Comune di Cellino San MarcoComune di Carosino

Tipologie: “Aleatico di Puglia” Dolce Naturale, “Aleatico di Puglia” Liquoroso Dolce Naturale

Vitigno/i: Aleatico minimo 85%; possono concorrere alla produzione, da sole o congiuntamente, le uve provenienti dai vitigni: Negro amaro, Malvasia nera e Primitivo, presenti nei vigneti fino ad un massimo del 15%.

Cenni storici e/o geografici: La millenaria storia vitivinicola della regione, attestata da numerosi documenti, è la fondamentale prova della stretta interazione esistente tra i fattori umani e le peculiari caratteristiche dell“Aleatico di Puglia”, a testimonianza di come l’intervento dell’uomo abbia qui, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche vitivinicole, che nell’epoca moderna e contemporanea sono state affinate fino ad ottenere gli attuali rinomati vini. La vite era probabilmente presente in Puglia prima della colonizzazione greca; tuttavia, alcune delle varietà oggi considerate autoctone, come il Negroamaro e l'Uva di Troia, sono state introdotte proprio dai Greci, insieme al sistema di coltivazione della vite ad “alberello”, il metodo più diffuso in Puglia. Nella Naturalis Historia Plinio il Vecchio ricorda che in Puglia erano presenti le Malvasie Nere di Brindisi e Lecce, il Negroamaro e l'Uva di Troia. Dopo la caduta dell’Impero Romano la vitivinicoltura subisce un periodo di crisi e sarà solo per opera dei monasteri e dei monaci che questa attività sarà conservata. Dante Alighieri descrive la Puglia come «terra sitibonda ove il sole si fa vino». Federico II fece piantare migliaia di viti nella zona di Castel del Monte, importando le piante dalla vicina Campania. Durante il Rinascimento i vini pugliesi iniziano a conoscere i consensi delle altre zone d'Italia e di alcune zone della Francia. Nel 1700 e nel 1800 la regione si farà sempre notare per le enormi quantità di vino prodotte, mai per la qualità, tanto che le eccedenze cominciano ad essere un serio problema, pur tuttavia costituendo un cospicuo profitto. Gli inizi del ‘900 registrarono un incremento della coltivazione a causa della forte richiesta di vini da taglio da parte delle regioni settentrionali costrette a rimediare alla crisi produttiva, anche francese, provocata dalla fillossera. In seguito i sistemi di allevamento a pianta bassa e ad alta intensità, di potatura e di coltivazione favoriranno la presenza di caratteristiche organolettiche più interessanti e influiranno sulla quantità e qualità finale del prodotto.

 

Prodotto: PASTICCIOTTI (PAT e DECO)

Descrizione: Nascono a Galatina a metà del Settecento durante le festività di San Paolo, il santo protettore di chi viene morso dalla taranta, quando il pasticcere Nicola Ascalone crea un piccolo dolce, da lui stesso definito un «pasticcio», con un avanzo di pasta e di crema. Con una frolla di farina, zucchero, olio di oliva e tuorli d’uovo, stesa a mezzo centimetro di spessore, si foderano gli appositi stampini ovali precedentemente unti e infarinati. Si riempiono con una crema aromatizzata con la buccia di limone e si coprono con un altro strato di pasta. Si spennella, infine, con albume d’uovo battuto e si cuoce in forno caldo (180° C) per circa trenta minuti. Consumati per tradizione nelle prime ore della giornata, appena sfornati, sono ottimi anche serviti con il vincotto pugliese.

 

Piatto: CARTELLATE (O CARTEDDATE O SCARTAGGHIATE O FRÌNZELE O CRÙSTOLI) (PAT)

Descrizione: Conosciuto anche in altre regioni meridionali (nelle zone viticole della penisola sorrentina, per esempio, le cartellate con il mosto si preparano in occasione della vendemmia), è forse il dolce più tipico della Puglia ed è molto popolare a Natale soprattutto nella provincia di Bari. Antichissime (furono servite con il nome nevole et procassa al matrimonio di Bona Sforza nel 1517), forse di origine greca (in onore di Demetra si preparava il ciceone, un composto di farina, vino e miele), le cartellate sono così chiamate per la forma curva dei nastri ravvolti a spirale a formare una sorta di canestrino, dal latino cartellus o cartallus, «canestro», o dal siciliano cartedda, «cesta». Da un impasto di farina, semola di grano duro, sale e zucchero, olio d’oliva extravergine e vino bianco secco o marsala, lavorato energicamente e lasciato lievitare per circa due ore prima di stenderlo in una sfoglia molto sottile, si ricavano – con l’aiuto di una rotellina dentata – delle strisce larghe cinque centimetri e lunghe al massimo cinquanta, piegate a metà nel senso della lunghezza e pizzicate con le dita dalla parte del margine aperto ogni due o tre centimetri. Le strisce sono arrotolate a spirale a formare delle piccole coroncine, fritte in abbondante olio d’oliva bollente fino a che diventano dorate e rigonfie poi immerse nel miele precedentemente scaldato a bagnomaria. Disposte su un piatto da portata e spolverizzate con zucchero a velo mescolato alla cannella, si servono fredde. Un’altra versione della ricetta prevede che vengano bagnate nel Vincotto di fichi o d’uva (PAT) caldissimo e disposte su un piatto facendovi aderire una spolverata di confettini colorati (anicini o anesini) o mandorle abbrustolite e tritate. Nel miele o nel vin cotto si tuffano solo le cartellate destinate a essere consumate il giorno stesso, le altre si conservano in una scatola di latta lontane dalla luce anche per parecchi giorni, per poi rifinirle di volta in volta: preparate per l’Immacolata rimangono gustose e fragranti fino all’Epifania.