
A Baver, frazione di Godega Sant'Urbano (Tv), c'è un museo vivente della vitivinicoltura locale: quattordicimila metri quadrati in leggera pendenza coltivati a recantina, turchetta, traminer, trebbiano, bianchetta, merlot, tocai, verdicchio. Le viti non sono impiantate su pali, ma aggrappate ad aceri e gelsi con legacci in vimini. Le piante ultracentenarie possono morire ed essere ripiantate, ma sempre "maritate" agli aceri. I trattamenti sono a base di rame, calce e zolfo, senza uso di prodotti chimici; intorno ai filari siepi e fasce boscate e in mezzo alberi da frutto. Il vigneto è diviso in tre parti: le più antiche si chiamano Zhercol e Talpon, la più recente Talponet.
Qualche anno fa questo piccolo patrimonio naturale ed etnoantropologico è stato insidiato dalla speculazione edilizia (alla quale era peraltro favorevole anche il proprietario del vigneto), ma grazie alla mobilitazione dell'Associazione Culturale Borgo Baver onlus, Italia Nostra, Wwf e Fondazione Benetton Studi Ricerche sono intervenuti la Soprintendenza storico-artistica delle province di Venezia Belluno Padova e Treviso e la Direzione regionale dei Beni culturali del Veneto. Così per prima volta è stato emesso un vincolo a tutela di un bene immateriale che, facendo riferimento al Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, al D.Lgs. 22.01.2004 n. 42 e alla convenzione Unesco per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale (approvata dall’Italia nel 2007), ha dichiarato l'area di Baver di interesse culturale particolarmente importante considerandola un vero e proprio museo vivente della cultura rurale veneta, testimonianza di una tecnica di coltivazione e di un sapere che si trasmettono da centinaia di anni.
Uno studio della storia del vigneto ha accertato che era un raro esempio di viticoltura tipico dell'antica piantata trevigiana, attestata nei documenti (un catasto napoleonico del 1811), nelle fotografie (quelle del linguista-etnografo Paul Scheuermeier) e nelle raffigurazioni pittoriche. La particolare forma di coltura, legata ad una precisa tradizione storicamente accertata, rinvia ai peculiari modi e stili di vita delle genti che risiedevano in questo territorio e le elaborate tecniche di coltivazione derivano dall’esercizio di abilità acquisiste nel processo di scambio tra le generazioni. Questo processo alimenta e vivifica conoscenze locali e gesti del mestiere, rinnova nel tempo un “saper fare” che è espressione di uno stile di vita e che, una volta incorporato e condiviso socialmente, dà sostanza al patrimonio culturale del territorio.
Il decreto di tutela emanato dal Ministero ha quindi sancito in maniera definitiva il valore dell’area ravvisando nel vigneto storico di Baver “un bene che si può classificare come uno degli ultimi residui di un’antica forma di conduzione agricola e che nella sua configurazione assomma valori di paesaggio agricolo di particolare rilevanza e valori di carattere etnoantropologico tali da motivare l’azione di tutela che si esplica nella dichiarazione di importante interesse culturale”. Grazie a questo intervento se un futuro proprietario volesse abbandonare il terreno o modificare le piantagioni, potrebbe intervenire la Guardia forestale e imporre il ripristino.